IPOTESI DI RICONVERSIONE FUNZIONALE DI UN CENTRO COMMERCIALE DISMESSO IN CENTRO POLIVALENTE

Una proposta di studio di fattibilità per recuperare l’ex Centro Commerciale “Sannicola” di Termoli, dopo un sopralluogo effettuato il 12 aprile 2016.

La struttura, di circa 21.000 mq coperti in un sedime di 12 ettari, pur essendo stata progettata per essere un centro commerciale, può agevolmente essere riprogettata per divenire un centro fieristico/congressuale/eventi, avendo l’unico vero limite nell’altezza degli spazi interni, che può limitarne la fruibilità e, di conseguenza, il potenziale d’uso.
Per meglio comprendere l’idea di fondo di un simile progetto di riconversione, è bene sapere che i centri fieristici e congressuali sono per definizione “infrastrutture rare nel territorio”; ciò significa che il bacino di utenza servito è più ampio del territorio comunale nel quale si trova la struttura e abbraccia aree che possono andare oltre i confini della provincia e della stessa regione.
In Italia c’è stato un eccessivo proliferare di centri fieristici, sorti quando gli Enti pubblici elargivano contributi a fondo perduto senza troppo curarsi dell’efficacia degli investimenti. Da oltre un decennio molti Quartieri fieristici sono in crisi, alcuni hanno chiuso o sono sul punto di farlo, e il sistema fieristico nazionale va concentrandosi verso pochi poli di dimensioni internazionali, tra l’altro in forte competizione tra di loro: Milano, Verona, Bologna, Rimini prima di tutti. Tuttavia, accanto ai poli fieristici leader del sistema nazionale possono agevolmente convivere altre realtà più piccole, purché rispondano ad alcuni criteri essenziali di posizionamento e di impostazione strutturale e gestionale:
1) devono essere strutture fieristiche e congressuali (le due attività vanno sempre di pari passo e tendono a integrarsi reciprocamente) versatili, funzionali e facilmente accessibili; devono inoltre poter accogliere eventi “leggeri” a carattere spettacolare, sportivo e culturale;
2) devono poter disporre nelle vicinanze di una ricettività alberghiera adeguata per qualità e quantità dell’offerta;
3) devono interessare un bacino di utenza che non sia in eccessiva sovrapposizione con altre strutture dello stesso tipo;
4) la gestione e la progettualità delle iniziative che vi si intende svolgere deve tenere presente la realtà sociale ed economica del bacino di riferimento.

Venendo al caso di Termoli, la struttura che si intende riconvertire in Centro fieristico e congressuale (tuttavia amplierei il concetto in “Centro Polivalente”, pensando che oltre a fiere e congressi vi si potrebbero svolgere eventi culturali, sportivi, spettacolari, concorsi e via dicendo) sembra rispondere ai criteri sopra citati e avere sulla carta i requisiti per legittimare l’investimento, se questo risulterà essere compatibile con il business plan che deriverà da un Progetto Industriale il cui primo passo sarà uno specifico Studio di Fattibilità.
Uno Studio di fattibilità per la riconversione dell’ex Centro Commerciale Sannicola in Centro Polivalente si articola nei seguenti capitoli:

A) LA STRUTTURA.
Più è versatile e funzionale, più si presta a ospitare eventi e iniziative le più disparate, aumentando le possibilità di raggiungere gli obiettivi che saranno delineati nel business plan. Per tale ragione, con la collaborazione di un architetto, dovrà essere redatto un Progetto Preliminare che dia informazioni anche sui tempi di realizzazione e sull’entità stimata dell’investimento iniziale. Per avere il livello più elevato di versatilità dobbiamo immaginare la struttura attuale interamente riportata a nudo, per ora escludendo il padiglione separato al momento impegnato da un’attività commerciale. L’elemento base è una griglia di spazi espositivi modulari (lay out), di 12 o 16 mq ciascuno, la cui somma ci dà la potenzialità massima espressa in “metri quadri espositivi netti”, che è il parametro economico del valore della struttura in termini fieristici. Gli spazi devono poter essere agevolmente trasformati in aree espositive, o in sale convegni, o in aule didattiche e via dicendo; ciò comporta la necessità di riprogettare gli spazi in aree a loro volta modulari, separabili da pareti mobili insonorizzate. Ne consegue la necessità di disporre di magazzini per gli arredi e le attrezzature quando queste non sono utilizzate.
Come accennavo in apertura, il vero limite è nell’altezza utile degli spazi interni. Ciò limita il potenziale d’uso e inibisce soprattutto gli eventi sportivi e quelli a carattere spettacolare; l’ideale sarebbe poter innalzare il soffitto almeno della parte ex-supermercato fino al livello del tetto degli uffici del piano superiore che così – come avviene in diversi centri fieristici – possono in parte affacciarsi all’interno del padiglione espositivo. Bisognerà vedere se la cosa è fattibile in termini di autorizzazioni urbanistiche ed economici.

B) IL POSIZIONAMENTO.
Una volta che sapremo di quale struttura potremo disporre, bisognerà capire come utilizzarla al meglio. Andrà quindi fatta un’analisi del bacino di utenza: popolazione e attività produttive poste nel raggio di 1 ora di automobile da Termoli; ciò implica automaticamente una sovrapposizione di bacini con i due centri fieristici più vicini, Lanciano e Foggia. Da uno studio dei loro calendari potranno emergere spazi e opportunità anche di eventuali collaborazioni.
Soprattutto dovranno essere sentite tutte le associazioni imprenditoriali del territorio per capire quali loro bisogni possono essere soddisfatti dalla presenza del nuovo Centro Polivalente e conoscere le eventuali disponibilità a divenire partner del progetto.
Ovviamente le Istituzioni (Comune, Provincia – per quello che ancora può fare – Regione e Camera di Commercio) sono i principali referenti per il sostegno politico, amministrativo e, ove possibile, economico. È anche con la collaborazione di questi Enti, soprattutto la Regione, che si possono ricercare finanziamenti europei per lo sviluppo, tenendo conto che questi non privilegiano più, come un tempo, la parte strutturale, ma la progettualità operativa finalizzata a dare occupazione e sviluppo economico, soprattutto se impostata su collaborazioni tra territori diversi, anche sovraregionali.

C) GLI ELEMENTI PER UN PROGETTO INDUSTRIALE.
Il passo successivo imposta le tracce sulle quali dovrà essere poi redatto il Progetto Industriale: tariffe di spazi e servizi, ipotesi di percentuali di utilizzo su base annua impostata sul parametro del numero medio di mq/giorno per X giorni/anno. Considerando che le tariffe sono determinate dal mercato e che il periodo di ammortamento dell’investimento iniziale non può essere inferiore a 10 anni (ma è plausibile ipotizzarne anche 15), avremo le indicazioni di quale tasso di occupazione minimo è auspicabile nell’arco temporale considerato ai fini della copertura delle spese di gestione e del recupero dell’investimento. Questo sarà tanto meno gravoso, quanti più sostegni istituzionali ed europei si sapranno reperire.
Le tariffe (mq espositivi netti/giorno come base per tutti gli utilizzi, più l’erogazione dei servizi di base come le utenze, la vigilanza, le pulizie etc.) avranno una certa redditività quando si affittano gli spazi a organizzatori terzi; più interessante, redditizia, ma anche non facile e rischiosa, è la soluzione di organizzare gli eventi in proprio, se se ne hanno le competenze e le necessarie relazioni commerciali.

D) L’ASSETTO SOCIETARIO.
Le formule per trovare la soluzione ideale sono le più disparate. In linea di massima è bene separare la proprietà (che sostiene l’investimento iniziale) dalla gestione (che riconosce alla proprietà un canone annuo per la concessione). Una volta a regime, il canone dovrebbe remunerare per intero l’investimento fatto dalla proprietà. È anche possibile che la proprietà abbia una quota nella società di gestione, partecipando quindi anche ai dividendi, quando ci saranno. Ma è doveroso dire che la fase di avviamento richiede non meno di cinque anni di lavoro scarsamente se non per nulla remunerativo, questo perché la fiere sono eventi che hanno un “metabolismo lento”. Ogni nuovo progetto difficilmente riesce a guadagnare con la prima edizione; ma se questa funziona e se si lavora bene (intendendo per “bene” non solo la cura dei dettagli e dei servizi, ma anche e soprattutto l’ascolto dei bisogni di espositori e visitatori) dal secondo anno può cominciare a guadagnare qualcosa e con il terzo a diventare interessante anche dal punto di vista economico. Teniamo presente che ogni manifestazione fieristica richiede non meno di un anno di lavoro, anche la più semplice.

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