AVE, O MARIA, ESSENZA FEMMINILE DI DIO

AVE, O MARIA, ESSENZA FEMMINILE DI DIO

(RIFLESSIONI SULL’ESSERE, 2 gennaio 2018) La forza dell’Ave Maria recitata collettivamente e ripetutamente è straordinaria. Soprattutto nel passaggio tra la prima parte e l’inizio della seconda, quell’attacco con Santa Maria, madre di Dio … risuona come un mantra molto potente.

Il primo gennaio è dedicato a Maria, “madre di Dio”. Così, infatti, ci rivolgiamo a lei, dopo averla chiamata “Santa”, per chiederle il gesto più protettivo e affettuoso che si possa immaginare, che solo a una madre amorevole si può chiedere: quello di pregare per noi, “adesso e nell’ora della nostra morte”.
Nella precedente riflessione sul Padre Nostro, avevo scritto di riuscire a recitare la preghiera Ave Maria, ma con meno trasporto. Questo perché mi sembrava più dogmatica dell’altra. Mi sembrava scontata. Eppure la forza dell’Ave Maria recitata collettivamente e ripetutamente è straordinaria. Soprattutto nel passaggio tra la prima parte e l’inizio della seconda, quell’attacco con “Santa Maria, madre di Dio …” risuona come un mantra molto potente. E anche le riflessioni sul testo, costruito su poche parole ma tutte molto significative, sono state chiarificatrici.

Ave Maria, piena di grazia …
Si comincia con un saluto, come se la vedessimo davanti a noi. Quel “piena di grazia” è il suo primo attributo: la grazia divina la pervade interamente, la satura senza lasciare il minimo spazio a ombre o impurità. E’ la perfezione assoluta, l’essenza divina. Infatti …

… il Signore è con te.
Pieno riconoscimento del suo stato di grazia. Ella è più che al vertice della scala gerarchica delle tante figure che popolano in Paradiso la corte di Dio, Maria è accanto al Signore, che è con lei.

Tu sei benedetta tra le donne …
Maria è stata scelta nell’universo femminile del genere umano per rappresentare tutte le donne, incarnandone l’essenza capace di generare la vita. Infatti …

… e benedetto è il frutto del tuo ventre, Gesù.
Così l’orazione vuol rendere onore all’intera famiglia divina, il padre, la madre e il figlio, l’archetipo ontologico delle specie viventi evolutesi fino al genere umano. Se i principi della cosmobiologia descritti nel saggio L’Essere disegnano un progetto strutturale dell’Universo, finalizzato all’affermarsi della vita e all’evolvere di questa fino agli esseri dotati di consapevolezza, necessari per formare la consapevolezza universale, non si può non onorare lo strumento biologico di questo progetto, cioè il femminile. In fondo, è quello che gli uomini hanno sempre fatto, da quando ne hanno avuto consapevolezza, prima intuitiva ed emotiva che scientifica. Lo confermano i culti legati alla fertilità della terra, quelli dedicati alla dea madre, lo stesso Cristianesimo si origina in un contesto di credenze legate ai cicli stagionali del nostro pianeta, simbolizzati dalla triade divina composta da un dio padre, una dea madre e un giovane dio che muore e risorge.
Duemila anni fa è venuto al mondo il “nostro” giovane dio, che è morto e risorto. E con lui è venuta la nostra religione cristiana. Certo, difronte all’eternità di Dio, questi ultimi duemila anni sono poca cosa. E lo sono anche le decine di migliaia di anni che hanno preceduto la venuta di Cristo, da quando si è evoluta la specie homo sapiens. Cosa è cambiato di così importante? Dio è sempre stato lo stesso, prima e dopo. Ed è sempre lui per tutti noi esseri umani, cristiani o meno. Quello che è cambiato è l’uomo, maturatosi ad un certo punto per poter accogliere un nuovo messaggio da parte di Dio, un messaggio che – a leggere i Vangeli – è più umano. Gesù rappresenta l’umanizzazione del dogma. Per certi versi ne è lo smantellamento. Ma questi sono spunti per ulteriori riflessioni. Per ora basti riflettere sul fatto che non dobbiamo aver timore di invocare Maria come tantissimi altri uomini e donne hanno invocato in passato una loro dea madre.
Un’ultima considerazione. Ho preferito usare il termine “ventre” invece del più diffuso “seno”, perché mi sembra più intellettualmente onesto. Sappiamo che la vita si genera nel ventre e non nel seno, che serve solo per allattare; gli altri suoi utilizzi non interessano questa trattazione. E’ vero che il termine “seno” viene usato anche per esprimere il concetto “all’interno di qualcosa”, per esempio, “in seno a una comunità”; ma ho l’impressione che il suo utilizzo, in questo caso, sia affine all’archetipo moralistico che vuole la purezza scevra dalla sessualità. Non entro nella questione dell’immacolata concezione perché penso che porti fuori strada rispetto al nucleo di questa riflessione. Però preferisco dire il più schietto “ventre” del più accomodante “seno”.

Santa Maria, madre di Dio
Questa è l’espressione più forte. Se ci fermiamo al concetto logico dei significati, come può un Essere infinito ed eterno avere una madre? Come può essere generato? Certo, se Dio si è fatto uomo, l’essere generato diviene un fattore ineludibile. Ancora una volta, però, il semplice ragionare razionale non aiuta. Fermiamoci, piuttosto, alle vibrazioni di questo breve passaggio, come ho già detto, un mantra molto potente, dal ritmo coinvolgente. Invochiamo una figura santa, amorevole e capace di proteggere, come una madre, come la più grande delle madri.

… prega per noi peccatori. Adesso e nell’ora della nostra morte.
Con la conclusione, in pochissime parole, l’orazione abbraccia l’intera vita di ciascuno di noi, la nascita – quando nostra madre ci ha generati – la vita attuale e l’ineludibile ora della fine della nostra esistenza biologica, comunque la vogliamo considerare. In fondo chiediamo all’essenza femminile dell’Essere, di rimanerci sempre vicini, dall’inizio alla fine.

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