PER CHI SUONA LA CAMPANARA

Articolo pubblicato sul Corriere Adriatico, cronaca di Pesaro, il 3 marzo 2004.

Si avvicina la stagione dei bilanci, quelli che la legge impone alle imprese, e i soci di Fiere di Pesaro SpA dovranno confrontarsi sul nodo spinoso della ricapitalizzazione: soldi (pubblici: dubito che le banche partecipino all’aumento di capitale) da gettare nel calderone di Campanara, ma per che cosa? Per continuare il balletto delle polemiche sul Samp? Facciamolo biennale, no, facciamolo annuale, anzi, idea! facciamolo biennale.
Personalmente rimango convinto che a Pesaro ci sia spazio per consolidare un appuntamento annuale per la piccola e media impresa mobiliera, senza indugiare su nostalgie per i fasti di un passato che non ritorna, ma il vero problema non è il Samp, è il futuro della Fiera a Pesaro, perché quella di oggi, carente di progettualità, ha il fiato corto: il Samp è malato, il Sumob è morto, la Campionaria si regge sulle stampelle istituzionali, delle altre tre o quattro manifestazioni di terzi solo lo Smavi ha una certa consistenza (e forse oggi è la più importante manifestazione di Pesaro).
Parliamo di un motore aziendale che brucia circa 2 milioni di Euro l’anno per esistere e mantenersi in efficienza, oltre alle risorse che occorrono per progettare e realizzare nuove iniziative. Fino a quando i Soci potranno avallare una situazione così onerosa senza convincenti programmi?
La interminabile polemica con gli industriali è quanto di più pernicioso possa esistere per un polo fieristico; se Pesaro vuole dare un futuro alla sua Fiera, deve ritrovare una dimensione di armonia e di collaborazione tra tutte le associazioni imprenditoriali e le istituzioni; ma anche con una Fiera riorganizzata, ricapitalizzata e dotata di una nuova guida competente, i risultati non saranno immediati. Occorreranno altri interventi politici ed economici per i singoli progetti, fino a quando un certo numero di questi comincerà a camminare con le proprie gambe; intanto, l’ambìto pareggio di bilancio non si vedrà prima di un paio di lustri.
L’ipotesi di separare la proprietà e la gestione può essere interessante, ma non c’è da illudersi che possa essere risolutiva come un colpo di magia: quale segreteria organizzatrice che ben conosca il suo mestiere può impegnarsi su questo fronte senza avere adeguate garanzie dai referenti istituzionali locali? E se queste garanzie, che poi sono i citati sostegni politici ed economici sui progetti, non sono state sufficienti per gli attori di casa nostra, come è possibile credere che possano esserlo per altri, vista anche la diffidenza che sembra permeare il dna di questa terra?
Infine, la questione dei rapporti con la Regione, persi nell’ambigua contesa sui poli fieristici regionali, tra dichiarazioni di facciata e duelli nelle pieghe del bilancio regionale … bisogna dire che c’è abbastanza materiale per la riapertura di una nuova stagione di polemiche, e nell’imminente clima elettorale si può scommettere che saranno in tanti a suonare le loro campane. Intanto si attende che i soci di Fiere di Pesaro Spa mettano mano al portafoglio. Finché il sistema tiene.

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